18 settembre 2007

Grace Paley e Annie Napier contro il silenzio

il manifesto, 14.9.2007
(con aggiunta di tre poesie di Grace Paley, a cura di Annalucia Accardo)

Le famiglie di pecore sono fuori al pascolo
Caddy e i suoi due grossi agnelli Gruff e Veronica
Veronica alza la testa riccioluta poi si china sull’erba
Fruttuosamente scacazza l’erba verde e la lana è il suo mestiere

Gruff invece se ne andrà diventerà qualcos’altro
Padre di generazioni? Cosa? Più probabilmente carne ciò
è un maschio in guerra o al pascolo il suo mestiere è carne
(Grace Paley; trad. ital. di R. Duranti)

Praticamente nello stesso giorno di fine agosto, senza che in tanti se ne accorgessero, l’America e noi abbiamo perso due grandi narratrici. Una era relativamente famosa, anche se molto meno di quanto sarebbe stato giusto: Grace Paley, di New York, grande maestra del racconto, dell’ascolto, della voce, e dell’interrogarsi. Aveva 85 anni. L’altra la conoscevano solo la sua famiglia, i suoi vicini, e io (che qualche volta l’ho nominata su questo giornale): si chiamava Annie Napier, era di Harlan, Kentucky, manteneva la famiglia guidando lo scuolabus sulle strade contorte di quelle montagne; ascoltava, parlava, raccontava, suonava, cantava, parlava. Non taceva mai. Aveva 65 anni. Un’amica che le ha conosciute entrambe mi diceva: peccato che Grace e Annie non si siano mai incontrate, si sarebbero volute bene. Grace era la città, la strada, i palazzi affollati; ed era la Palestina, il Nicaragua, il Vietnam. Annie era le montagne, gli alberi, le valli strette, la solitudine; il suo corpo era segnato e scavato come la sua terra ferita. E anche lei odiava la guerra.
Pochi giorni prima che morisse Grace Paley, era uscita una sua intervista su Repubblica. Parlava del suo ultimo libro, una raccolta di saggi e articoli usciti in tanti anni, tradotta con un intelligente titolo italiano: L’importanza di non capire tutto. Proprio perché era convinta che restasse sempre qualcosa che non avevamo ancora capito, Grace non ha mai smesso in tutta la sua vita di provarci, di interrogarsi, di indagare. La struttura profonda sottostante a tutto quello che scriveva era quella ebraica del midrash: lo svolgersi inesauribile delle implicazioni di ciascuna parola, un viaggio attraverso i significati con destinazione ignota e affascinante. Spiegava il mondo guardando le donne (e di sguincio gli uomini) sulle panchine e nelle cucine dei quartieri popolari di New York, come nei villaggi del Vietnam e del Nicaragua; in ciascuno scambio di domande e risposte dei suoi testi erano in gioco il quotidiano e l’universale. Pacifista indomabile, femminista ironica, socialista investigativa, ebrea profondamente errante, carica di curiosità e di amori, se tutta la sinistra le somigliasse di più saremmo assai migliori e staremmo assai meglio.

Tutto a un tratto frecce
dritte come Broadway furono conficcate
nel grande cuore degli indiani

Poi siamo arrivati noi dall’Est
col mal di mare ma salvi le
tormentate genti bianche
ingrassarono con il
sangue di quella ferita
(trad. ital. Di R. Duranti)

Annie l’avevano operata ai polmoni due anni fa. Ma ogni volta si ripeteva la stessa scena: io seduto sul divano sdrucito di lato sotto la finestra, lei su quello davanti alla televisione che nessuno guardava, con in una mano una tazza di velenoso caffè kentuckiano e nell’altra una sigaretta dopo l’altra. In mezzo a noi, sempre acceso, quasi sempre dimenticato e sempre in ascolto, il registratore. E da lei a me e da me a lei di ritorno, la voce: “Allora, a quei tempi, non avevamo la TV, o la radio, o nient’altro e la sera quando faceva buio toccava rientrare in casa perché fuori uscivano i serpenti. Così la sera ci chiudevamo in casa e accendevamo il fuoco e mamma e papà si mettevano lì e raccontavano storie di quando erano piccoli. E storie che i loro genitori avevano raccontato di quando erano piccoli loro. E’ così che è cominciato tutto questo raccontare storie.”
Raccontare storie, per Annie come per Grace, era un modo di spiegare il mondo, e di spiegarci quanto era inesplicabile. Il significato di una storia non si esaurisce mai, come il midrash; ogni racconto genera altri racconti, ogni racconto risponde alle domande del precedente e apre domande per quelli che verranno; ed entrare dentro ogni racconto, per semplice che sembri, significa inoltrarsi dentro un infinito di possibilità, “giardino dei sentieri che si biforcano” ad ogni parola, ad ogni sillaba. Come per Sheherazade, per Annie raccontare era un modo di lottare contro l’onnipresenza della morte: “Vedi, appena nasce un bambino, ha il modo intero schierato contro, almeno quando sono nata io. Prima cosa, la casa è tanto fredda che ci vuole fortuna solo a sopravvivere. Quasi tutti sono denutriti e sottopeso. Ma una volta che sei riuscito a farle arrivare fino a qui, quelle povere creature le cominciano a curare coi rimedi casalinghi – tè di cacca di pecora, infuso di erba gattaia, c’è mancato poco che ammazzava mia sorella Becky. E poi ci sono tutte le malattie dell’infanzia che ti devi fare: morbillo, scarlattina, varicella, tosse convulsa. Negli anni ’50, qui girava il tifo, portato dall’inondazione, anni ’50, fine anni ‘40, che c’è morto il bambino di mio zio. Tutte queste cose: ora che arrivi a due anni, hai già dovuto superare la scommessa della sopravvivenza.”
Quando arrivavo io piantava tutto e mi guidava ad ascoltare altri narratori: suo zio Plennie, che si portava nella gamba il piombo di una battaglia fra minatori e guardie padronali nel 1941; Will Gent, che raccontava forse con una dose di immaginazione gli orrori del suo Vietnam; James L. Turner, che ricordava ancora i suoi antenati schiavi nella stessa valle dove era cresciuta lei; Lewis Bianchi, imprenditore di pompe funebri con flebili memorie di antenati italiani, che ci spiegava come si fa a rendere presentabili i cadaveri dei minatori morti in miniera o uccisi dalla pneumoconiosi… Da una tappa all’altra, il suo flusso di racconto non si fermava. Appendevo il microfono allo specchietto, e via. E raccontava di quando anche lei aveva sconfitto, per sé e per la sua bambina, la scommessa della sopravvivenza contro il medico incompetente e ubriaco e contro la sua stessa famiglia che per motivi religiosi non voleva che facesse il cesareo; o quando, agli avvocati delle miniere secondo cui le inondazioni che avevano distrutto le case dei suoi vicini erano un “atto di Dio,” lei aveva risposto “la pioggia sarà pure un atto di Dio, ma non è stato Dio a mandare quei bulldozer a demolire le colline”; o quando il marito era rimasto invalido per un incidente sul lavoro, e lei era andata in fabbrica e al tempo stesso aveva tirato su due figlie, quattro nipoti e adesso cominciava con una bisnipote. Ma era stanca. Raccontava di sopravvivenza e intanto, sempre più pelle e ossa, con quelle incessanti sigarette nei polmoni distrutti, si lasciava distruggere, come se non ce la facesse più.
Triste il paese, triste il mondo, che perde i suoi narratori e soprattutto le sue narratrici. La scommessa per la sopravvivenza oggi, nel fragore incessante della comunicazione, è la scommessa contro il silenzio profondo, il silenzio di chi sente e non ascolta, parla e non dice, dice e non è ascoltato. Grace Paley e Annie Napier erano prova vivente della fiducia nella possibilità della parola, della propria parola intrisa di parole altrui ascoltate, interiorizzate, restituite in mille forme mutevoli. Io credo di essere stato utile ad Annie, perché la stavo a sentire. Anche per Grace Paley, raccontare non era mai un’attività solitaria, mettersi a scrivere chiusi nella propria stanza per lettori lontani e sconosciuti: raccontare voleva dire sempre offrirsi a chi voleva sentire, guardarsi in faccia, muoversi e smuovere. Un suo racconto parla di una bambina ebrea, Shirley Abramowitz, che ha una voce “capace di staccare le etichette,” una voce talmente insopprimibile che le chiedono di fare l’angelo annunciatore nella recita di Natale – e lei, e la sua famiglia, accettano e ne sono orgogliosi, perché non si può imporre a una simile voce di tacere. “Vedi, “ dice un suo personaggio, “per un ebreo la parola ‘chiudi il becco’ è un’espressione terribile, una parolaccia, come un peccato, perché all’inizio, se ricordo correttamente, era la parola.”
Una tipica notte di tregenda nella sua casa isolata in cima alla montagna, Annie mi chiese, “ci credi ai fantasmi?” “No,” dissi io. E lei: “neanch’io. Comunque: ce n’è uno che tutte le sere passeggia dalla veranda alla cucina.” Non ci credo, ma è vero: l’essenza dell’immaginazione. Esiste una relazione fra l’immaterialità e presenza della voce, e l’immaterialità e presenza dei fantasmi. Mi viene voglia di immaginarmi Grace e Annie che passeggiano tutte le sere dalla veranda alla cucina, sotto forma di voce – di voci che abbiamo ascoltato, che abbiamo fissato nei libri e nei nastri, e soprattutto voci che continuano a risuonarci nella memoria.

Alla Battery
sono ferma su un solo piede
alla prua della grande Manhattan
piegata in avanti
proiettata appena nel porto chiaro

Se solo un topografo in elicottero
sorvolasse la mia ombra
forse rimarrei impressa per sempre
sulle carte di questa città
(trad.ital. di D. Daniele)

1 Comments:

Blogger sale said...

One hundred North Face Sale and also forty five yachts beneath the English banner, regarding 82,472 registered loads, more than twice the amount and tonnage of the previous 12 months, transferring Forty three,641,200 lbs of Herbal tea, The North Face dealt to Cina through the unique year 1834.

The intake of Green tea in the united states North Face Backpack will be estimated (notice web page 132,) from 8-10,1000,Thousand weight; however in 1833-34, the Americans released from Canton on the United States, 140,163 peculs,as well as 16,771,761 weight, (besides Of sixteen,891 peculs for you to European countries,) much of n't i doubt pertaining to re-exportation. In the earlier mentioned 12 months, the Company's Expenditure involving Tea, composed of 212,604 peculs, cost, with Canton, Five,122,014 taels; and also the United states Expenditure, while over, 4,810,461 taels; in order that, within the blend, aforementioned has been higher priced compared to the former: but it's to be considered, the Us citizens North Face Down Jackets take more than two-thirds of these investment in Green Green teas; whereas, the Company got about four-Jifths of their investment in Black Green teas.

1:16 PM  

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