18 aprile 2014

Furore e Via col Vento: i classici dell'altra crisi

Sbilanciamoci - inserto di il manifesto 18.4.2012 I classici dell’altra grande Crisi sono due: Furore di John Steinbeck e Via col vento di Margaret Mitchell. Entrambi la presentano come un cataclisma scatenato dagli elementi: le tempeste di polvere che costringono le famiglie di Steinbeck a migrare, il “vento” che travolge, in una trasparente metafora, il Sud nella Guerra Civile. Entrambi suggeriscono ambivalenti forme di sopravvivenza. Furore contiene da un lato la presa di coscienza ribelle del protagonista Tom Joad; dall’altro, una sopravvivenza puramente naturale e atavica che Steinbeck attribuisce alle donne, l’incrollabile Ma Joad e la fertile Rosasharn, che porano la vita nel corpo in un ciclo eterno di concepimento, morte, rinascita, parallelo al ciclo dell’acqua che apre e chiude il romanzo. Tom Joad si prepara a operare nella storia, ma scompare dalla scena narrativa che resta invece affidata a una uscita dal tempo storico: così come è venuta, la crisi finirà, e noi ne usciremo grazie a risorse che per Steinbeck stanno prima della storia, nella natura e nel corpo. Fra le due forme di solidarietà che propone – quella classista di Tom e quella atavica e familista di Ma Joad e sua figlia, noi lettori amiamo e ricordiamo la prima, ma il romanzo dà l’ultima parola alla seconda. In Via col Vento, la sopravvivenza è affidata a una risorsa ancora più atavica: la terra, in cui Scarlett affonda viso e mani giurando che non avrà fame mai più. Scarlett è disposta a uccidere, rubare, ingannare, vendersi. Non ha problemi a sostituire alla schiavitù spazzata via la modernità dello sfruttamento capitalistico e della feroce competizione individualistica. Non c’è nessuna solidarietà: Scarlett, non Ma Joad, è la nostra vera contemporanea. Per Steinbeck e per Mitchell, l’uscita dalla crisi è l’eterno ritorno. Scarlett è disposta a cambiare tutto perché tutto perché tutto quello che conta – il potere, la proprietà - resti come prima. E Tom Joad rimpiange una perduta solidaristica età dell’oro: “Eravamo una sola grande anima”, dice. A Woody Guthrie, che ci scrive sopra una ballata, basta cambiare una parola per rovesciare il messaggio: “potremmo essere una grande anima”, dice – cioè, non ritrovare un passato ma costruire un futuro. E Bruce Springsteen, con il fantasma di Tom Joad al suo fianco, annunciava con molto anticipo che la crisi non è finita, e che avremmo avuto molto bisogno di quella solidarietà ribelle. C’è solo da sperare che quello che ne rimane oggi non sia, appunto, un fantasma.

17 aprile 2014

Grillo e la parodia della Shoah

il manifesto 15.4.2014 Certe volte la memoria serve per dimenticare. Se uno cambia la scritta sopra quel cancello di Auschwitz e ci mette la P2 al posto di “Arbeit”, non è una citazione, è una parodia. Come minimo, è una mancanza di rispetto. In realtà, è molto di più: la pretesa iperbolica che i due termini siano intercambiabili ottiene il risultato non di accentuare l’importanza dell’elemento nuovo ma di sminuire il senso di quello vecchio. Davvero Shoah e P2 si equivalgono? Oppure, ricordarsi a sproposito della Shoah per le beghe di casa nostra non sarà un modo per non guardarla in faccia, per parlare d’altro fingendo di parlarne. Sull’unicità della Shoah dovrebbe non essere necessario tornare. E’ una tragedia unica non solo per le dimensioni, ma soprattutto per il senso: un massacro ordinato per far sparire dalla faccia della terra un popolo intero, e milioni di individui rei di essere solo quello che erano. Per decenni, abbiamo addirittura avuto paura di guardarla negli occhi e non ne abbiamo voluto parlare; poi, (anche a forza di giornate della memoria), ne abbiamo fatto un termine del discorso ordinario. Ogni nuovo cattivo è “un nuovo Hitler”, da Saddam a Milosevic, da Gheddafi ad Ahmadi Nejad fino (lo ha detto in questi giorni Hilary Clinton) a Putin. Non è una cosa innocente: come ha dimostrato un sondaggio del Washington Post, “Evocare Hitler rende gli americani più disponibili all’intervento in Ucraina”. L’effetto di queste iperboli strumentali, tuttavia, non è di accentuare il nostro disgusto per dei dittatori criminali, che se lo meritano da soli, ma di sminuire e banalizzare il disgusto per Hitler. Tutte le similitudini funzionano in due direzioni. Cioè, se Gheddafi è un Hitler, allora Hitler non era che un Gheddafi qualsiasi . E se il nazismo è una riforma sanitaria, be’, quasi quasi… L’unico modo per prendere per buoni questi vaneggiamenti è di dimenticarsi che cosa era davvero Hitler, trasformare il nazismo e la Shoah in significanti vuoti, usati per designare qualsiasi cosa, e quindi niente. Sheryll Nuxoll, senatrice dell’Idaho, è solo una fra i tanti ideologi di destra secondo cui la riforma sanitaria di Obama è “just like Hitler”, e i cittadini saranno ridotti “come gli ebrei caricati sui treni verso i campi di concentramento”. La cosiddetta legge di Godwin, ovvero “Legge delle analogie col razzismo”, afferma che “più dura una discussione online, più alta è la probabilità che qualcuno confronti qualcosa o qualcuno a Hitler o al nazismo” (e naturalmente è online anche questa, come la maggior parte delle sparate di Grillo). Oltre all’offesa alla memoria delle vittime, al senso delle proporzioni e alla materialità della storia, Grillo in questo modo ottiene anche il risultato di svuotare il suo stesso messaggio. Come sempre, la retorica del grillismo consiste nel mescolare cose sensate a iperboli assurde, e nell’alzare i toni in modo da rendersi inaudibile. Un esito dell’improvvida sparata di Grillo è anche quello di involgarire giuste preoccupazioni per il destino del nostro paese. Anche gente seria come Zagrebelski e Rodotà avverte che corriamo il rischio di una deriva autoritaria; ma paragonarla al nazismo significa solo gonfiare oltre misura, riempire di aria (fritta), la percezione dei rischi reali che corriamo e indebolire i loro solidi argomenti. Un’ultima notazione. E’ vero quello che dice Grillo: Napolitano (che non sempre ha ragione) è vecchio. Beppe Grillo è del 1948. Combina l’ingiustificato giovanilismo dei rottamatori con l’età pensionabile. Auguri.

08 aprile 2014

Il rastrellamento del Quadraro: da Wikiradio

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